lunedì 29 novembre 2010

HELLEBORUS VIRIDIS

Ecco accontentata Giovanna che mi da sempre ottimi suggerimenti!







Tutti sentono e dicono di sapere: «Ecco, è
venuta la primavera». Ma ognuno la sente a suo
modo. Lassù, nello studio del babbo, Orsola
s’accorgeva dell’arrivo della primavera per molti
indizi: chiari alcuni, altri oscuri. Dentro, la luce
s’apprendeva in un modo più carezzevole alle
costole dei libri; di fuori, l’alta cima del cipresso
s’era messa a un contatto più caldo con l’azzurro
del cielo e, non appena il giorno svaniva, il merlo
si faceva sentire coi suoi dolci cupi richiami.
Anche i due steli d’erba nocca ch’ella infilava
in un sottilissimo vaso di vetro erano un indizio
della primavera spuntata.
«La primavera io la sento in questo fiore
modesto che non ha colore, ma ha il sangue e
l’odor della terra rinata». Il babbo girava tra le
dita della mano sensibile lo stelo verdino coi
grossi e aperti fiori verdi. L’erba nocca! E Orsola,
ancora bambina, sentiva l’urto di quel nome e le
pareva che la primavera fosse ben rude ad aprirsi


"ERBA NOCCA" di Giani Stuparich

domenica 28 novembre 2010




Sempre Lissy Ellen

venerdì 26 novembre 2010

LA ROSA DI NATALE

Proprio oggi sono caduti i primi fiocchi di neve e, probabilmente, le mie piantine in serra hanno tirato un sospiro di sollievo.

L'ELLEBORO NIGER o rosa di natale, è una pianta perfettamente adeguata alle basse temperature, infatti, i suoi fiori sbocciano d'inverno, da dicembre in poi. Appartiene alla famiglia delle ranunculaceae ed è originaria dell'Europa, del Caucaso e dell'Asia minore, le specie perenni conosciute sono circa 20. La coltivazione ideale è nelle bordure miste, si piantano ad ottobre-novembre, in posizioni parzialmente ombreggiate, in terreno umido, pesante e ben drenato.
Sull'elleboro natalizio non poteva non fiorire una leggenda cristiana. Si racconta che i re Magi erano arrivati ai primi di gennaio con molti doni destinati al bambin Gesù. Vicino alla grotta vi era una pastorella che vedendo i doni dei Re Magi si mise a piangere perché non possedeva nulla da offrire al Salvatore.

Stava piangendo quando vide spuntare dalla neve dei fiori dalle antere dorate: le rose di Natale, che la pastorella poté raccogliere e donare a Gesù. L'Elleboro viene citato anche nelle leggende greche, nelle quali veniva ritenuto efficace per curare le malattie mentali. Effettivamente, il fiore contiene l'elleborina, che grazie alle sue proprietà narcotiche può essere usato (seguendo le dosi mediche) come calmante e in passato fu usato anche come purgativo o vermifugo. Oggi l'elleborina é stata bandita dalle farmacie in quanto è ritenuta una sostanza velenosa che può provocare collasso, vomito, sonnolenza. In realtà anche gli antichi la ritenevano una pianta velenosa soprattutto le parti del rizoma e delle radici. Fino ai primi del Novecento era una pianta molto diffusa nei giardini d'inverno dell'intera Europa.

lunedì 22 novembre 2010

la Camelia

C'è una pianta antica e nobile che inizia a fiorire in ottobre e continua a dar vita a nuovi boccioli fino a marzo, anche sotto la neve: la Camelia d'inverno.


Questo fiore, giunse in Europa grazie a viaggiatori inglesi che, durante un viaggio in Cina chiesero delle piante di tè ai cinesi, i quali, temendo la concorrenza, diedero loro arbusti di Camelia che in cinese si chiamava T'e. Venne chiamata botanicamente "Camellia", in onore di George J. Kamel, un missionario gesuita vissuto alla fine del 1600. I giapponesi la considerano simbolo della vita stroncata a causa del fiore che si distacca intero dallo stelo invece di cadere petalo dopo petalo come gli altri. In Cina, come in Giappone, la Camelia era un fiore riservato ai nobili.
In Italia, le prime camelie furono messe a dimora verso il 1760 nel parco della Reggia di Caserta.
Ben presto, divenne il fiore prediletto dall'aristocrazia italiana e i vivaisti intuendo l'affare divennero presto i più grandi produttori mondiali di Camelie. La diffusione fu favorita soprattutto per la delicatezza del fiore, le foglie lucenti e i petali delicatamente colorati.


Il nome o l'immagine, ci porta alla memoria immediatamente Marguerite Gautier, la protagonista de la Signora delle Camelie di Alexandre Dumas figlio. Marguerite, donna dalle mille sfaccettature, riusciva a tollerare solo la Camelia, perché gli altri fiori la facevano tossire, per questo era solita portare una camelia bianca per venticinque giorni al mese e rossa negli altri cinque: una vera maliziosità!
Il trionfo di quella che forse possiamo giudicare la maggiore opera di Giuseppe Verdi: la Traviata, rese ancora più popolare questo fiore.





Fra le camelie vernalis, ci sono le Hiryu, che in giapponese significa "Drago volante", in omaggio ai piccoli fiori rosso sangue che a novembre colorano i prati, e Yuletide, ovvero "Festa di natale", l'ideale per illuminare con corolle scarlatte e pistilli dorati le feste invernali. Per decorare un bel giardino di campagna o un terrazzo in città, l'ideale è la Princess Grace, la camelia dedicata ad una delle donne più belle del '900: Grace Kelly. Il fiore ottenuto da Il noto cameliofilo Mario Carmine, ha petali rosa che sfumano verso il bianco.


Dove possiamo ammirare le Camelie più belle in Italia?
Al Parco Pallavicini di Genova Pegli, nel Parco del Gambarogno sulle sponde del Verbano, nel chiostro del Monastero di Nicosia- Calci (Pi), nel parco della reggia di Caserta.

lucciole

Non è periodo di lucciole, ma per sognare si...



Un'altra foto di Lissy Elle

sabato 20 novembre 2010

BUON FINE SETTIMANA


Cari Erbosi, buon sabato, buona domenica, insomma... buon fine settimana a tutti.

lunedì 15 novembre 2010

Lissy Elle

Visitando il blog della mia amica Suzy, ho scorto delle bellissime foto di Lissy Elle. Ne pubblico una che mi è piaciuta particolarmente, è intitolata The Quest
Grazie Suzy!

http://www.flickr.com/photos/lissyl/

sabato 13 novembre 2010

le nuove creature...






giovedì 11 novembre 2010

VASI

Stavo curiosando in rete, alla ricerca di qualche idea e ho trovato questi vasi che mi piacciono molto.




Sono della Dell'orto Srl di seregno (Mi) www.tendeperinterni.com/vasi

Ma ho trovato anche questi che sono semplici e più classici...

martedì 9 novembre 2010

SUA MAESTA' IL CARDO GOBBO DI NIZZA

Cari erbosi, forse non lo sapevate, ma Il Teorema di dionea è piemontese. Eh si, sono nata ad Alessandria, alle porte del Monferrato, dove si fa il vino buono, dove nascono il tartufo e le castagne avvolte dalla nebbia. Devo dire che a volte la mia regione di appartenenza mi manca, soprattutto quando arriva l'inverno e con lui i piatti tipici della mia terra. Per questo, ho deciso di dedicare questo post ad un prodotto che è diventato da poco presidio Slow food: IL CARDO GOBBO DI NIZZA MONFERRATO (in specifico la varietà Spadone).


Le prime tracce del cardo sono state ritrovate nell'Africa del nord, da dove poi si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo. Per trovare le prime testimonianze del cardo Bianco bisogna aspettare il Cinquecento, e il Settecento perché ne vengano citate le qualità e l'abbinamento ad una salsa calda a base d'olio, aglio, sale e acciughe progenitrice della bagna caoda piemontese.
Tutti i tipi di cardo si devono mangiare cotti, il cardo gobbo di Nizza è l'unico che può essere mangiato crudo. Proprio nella Valle Belbo (Incisa Scapaccino, Castelnuovo), troviamo un terreno unico: sabbioso e alluvionale, atto alla coltivazione del "gobbo".
La varietà Spadone è la più pregiata perché coltivata senza l'uso di fertilizzanti chimici; le foglie sono larghe, bianche e alte circa 80 cm. La semina avviene intorno al mese di maggio e dopo circa un mese dalla semina occorre effettuare il diradamento e una o più sarchiature per favorire la circolazione dell'aria nel terreno ed eliminare le erbe infestanti.
Il cardo gobbo ha bisogno anche di un altro accorgimento: l' imbianchimento che viene fatto venti giorni prima della raccolta, e consiste nel legare le piante a ciuffo per poi adagiarle, senza danneggiarne le radici, in un solco laterale, il tutto viene poi ricoperto da uno strato di terra. I giorni d'interramento e lo strato di terra aumentano con la diminuzione delle temperature da settembre a novembre.
La raccolta viene effettuata manualmente e avviene nei primi dieci giorni di ottobre.
Una curiosità: per la commestibilità del cardo, il gelo è fondamentale, infatti, dopo una gelata la consistenza del cardo diventa migliore e più tenera. I cardi sono ricchi di calcio, potassio e sodio, molte le ricette realizzabili con questo prezioso dono della terra.
Vi lascio una ricetta nella quale il cardo è ingrediente fondamentale.
LA BAGNA CAODA.
Ingredienti:
1 cardo gobbo medio, aglio, 4/5 filetti di acciughe, olio extra vergine di oliva, un pizzico di sale (poco perché le acciughe sono già salate!), 1 bicchiere di latte.

preparazione:
Dividere le canne del cardo togliendo i filamenti esterni procedendo "dai piedi verso la testa".
Tagliare a tocchetti di 1cm l’uno il cardo e intanto in una pentola medio-alta far scaldare l'olio, uno spicchio di aglio scamiciato e 4/5 filetti di acciughe sott' olio, faccio soffriggere il tutto.
Inserire il cardo nel soffritto e aggiungere acqua calda fino a coprire i tocchetti.
Coprire con un coperchio e cuocere a fuoco medio per circa un'ora (dipende dalla consistenza e dalla grandezza del cardo).
La BAGNA CAODA è un saporito contorno per carne di maiale, arista, cotechino.



Il cardo Gobbo di Nizza Monferrato oltre ad essere buonissimo, è anche bello! Questo è il suo fiore.



MITO E...

Eccomi nuovamente alle prese con Iliade, Odissea e Eneide ed eccomi ancora una volta a rileggere alcuni passaggi dei tre poemi, per fissarli bene nella mente. Ma, ogni tanto, la memoria fa "cilecca" ed io mi sento come un abitante di Lotophagitis ovvero l'isola dei LOTOFAGI...


Veloce e fugace il contatto con i mangiatori di loto, per fortuna degli uomini di Ulisse. Bene li accolgono i lotofagi che offrono loro di quei fiori dal frutto rosso e carnoso che essi mangiano. E chi ne mangia la propria patria dimentica, e gli impegni di uomo e ogni altro piacere che sia diverso da quello che divora le loro menti e rende vuoto lo sguardo. E gli uomini di Ulisse ne mangiano e non vogliono fare più ritorno e a forza il loro capo deve trascinarli sulle concave navi legandoli sotto coperta. E gli altri invita veloci a imbarcarsi perché non mangino a loro volta quel dolce frutto e dimentichino il ritorno. Per gli uomini di Ulisse quella non è dunque una strada senza ritorno, come per molti altri che su quell’isola restano immergendo voraci e dimentichi le dita nel piatto per cibarsi della farina bianca e di sogni falsi.
Odissea - libro XI


Oggi, l'Isola di Lotophagitis è individuata in Tunisia, a Djerba.

mercoledì 3 novembre 2010

VIAVIO RIVA UN PICCOLO PARADISO A MILANO



Cari Erbosi, vi è mai capitato nelle mattine d'estate di aver voglia di perdervi nella vostra città? Il caldo è ancora sopportabile, le persone sono tutte in vacanza e la città sembra quasi vivibile. Sali sulla bicicletta e vai, i negozi sono chiusi per ferie, gli unici a rimanere sempre al loro posto sono i portinai che osservano una curiosona come me in malo modo. Si, curiosona, perchè amo gironzolare tra i cortili della vecchia Milano e osservare l'edera che cade dalle ringhiere, i gelsomini fioriti che profumano e le macchie colorate dei gerani. In una di queste mie gitarelle, proprio lo scorso agosto, mi sono imbattuta nel VIVAIO RIVA, un piccolo paradiso fiorito. Il vivaio si trova proprio nel cuore di Milano, in via Arena, accanto alle Colonne di san Lorenzo. Quando sono entrata, non mi è sembrato vero: verde e frescura, nonostante la calura estiva, regnavano indisturbati, giardinieri silenziosi ripulivano le passatoie, un gatto delle foreste, inquilino del vivaio, gironzolava pacato tra piante e fiori, l'acqua di una vasca semi-nascosta si increspava a causa del movimento delle carpe cinesi. Ho scambiato due parole con la padrona che mi ha chiesto: "ma lei non conosceva l'esistenza di questo posto? Noi siamo il vivaio più vecchio e rinomato di Milano, ospitiamo serate di gala, presentazioni di libri o sfilate di moda. Facciamo da cornice a concerti e a manifestazioni". "Cavoli!" ho pensato, come mai sono passata tante volte frettolosamente, davanti al loro cancello e non mi sono mai fermata? Bene, ora so che esiste un piccolo paradiso verdeggiante poco distante da casa, farò loro visita più spesso.

VIAVIO RIVA
VIA ARENA, davanti al civico 7
http://www.vivaioriva.it/

lunedì 1 novembre 2010

NOI SI CUCE






Cari Erbosi, il Teorema di dionea, in queste giornate di festa ma uggiose, continua a cucire. Non sono sola, infatti, ho una preziosa collaboratrice, fonte di consigli e di suggerimenti: la Lolli.
Ecco gli ultimi lavoretti.

CRYSANTHEMUM





Il nome CRISANTEMO deriva dal greco crysanthemon che significa: "fiore d'oro". Il fiore è originario della Cina, ma all'inizio del IV secolo giunse in Giappone dove fu denominato Kiku. Una sua varietà, lo hironishi, con i suoi sedici petali disposti come raggi simili a quelli solari, diventò simbolo del sole e fiore imperiale. Alla fine del XII secolo fu inciso su spade, gioielli, abiti, ceramiche. Fino al secolo scorso, in Giappone potevano coltivarlo o raffigurarlo solo i nobili.
Oggi, quando i crisantemi fioriscono nei giardini imperiali di Tokio, l'imperatore offre un ricevimento grandioso durante il quale si mostrano agli invitati le più recenti varietà. I Giapponesi sostengono che questi fiori favoriscono la longevità perchè in erboristeria si usano per combattere la ritenzione idrica, la ritenzione dei liquidi.
Qui in Europa, purtroppo, il Crisantemo ha assunto un uso fortemente legato al giorno dei morti, all'usanza di deporre un mazzo di questi stupendi fiori sulle tombe dei nostri cari. Il Crisantemo, fiorisce in autunno, poco prima della commemorazione dei defunti e quindi è diventato il fiore ideale per ornare le lapidi. In realtà sono fiori dai colori gioiosi e dalle forme svariate.
Fin dall'Ottocento, il Crisantemo ha ornato i salotti parigini; da noti poeti italiani ( tra questi Giovanni Pascoli) è stato più volte celebrato in quanto fiore collegato all'autunno e ad un ambiente funereo.
Ma, fortunatamente, negli ultimi anni, il Crisantemo è stato rivalutato e la sua immensa varietà usata per decorare bordure, giardini rocciosi o balconi cittadini. Bene quindi raccoglierli per colorare i cimiteri che in questo periodo sono nebbiosi e uggiosi, ma non scordiamoci che il Crysanthemum può essere un ottimo abbellimento per la casa.